lunedì 30 novembre 2009

Il commento di Gianni Barbacetto

B, IL GOLPE FREDDO



È iniziata la battaglia finale. B si gioca tutto. Gianfranco lo contraddice, Veronica chiede il divorzio, i giudici lo processano per corruzione,

i mafiosi di Cosa nostra lo accusano di strage... Lui si appella al popolo.
Siamo alla scena finale del "Caimano"?


venerdì 13 novembre 2009

Il commento di Aldo Giannuli

La privacy è uguale per tutti? Un problema politico.

Qualche giorno fa ho partecipato ad un dibattito in materia di privacy ed è insorta la questione relativa ai dati sensibili da tutelare. La legge, in verità, è un po’ indefinita e lascia margini interpretativi un po’ elastici. In particolare il problema riguardava quello dei dati relativi alla salute personale. Ovviamente, il legislatore considera questa materia come coperta dall’obbligo di riservatezza e riguardante la stretta sfera personale. Ma è sempre così? Ad esempio, l’addetto agli impianti di sicurezza di una centrale nucleare o i sistemi aeroportuali ha diritto di nascondere l’insorgere di una affezione nervosa che ne comprometta l’efficienza? Certo, in questi casi ci sono accertamenti periodici proprio per assicurarsene. Ma il problema potrebbe porsi per l’intervallo fra un accertamento e l’altro (e potrebbe trattarsi di periodi anche abbastanza prolungati, fra i 6 ed i 24 mesi). Peraltro, alcuni lavori non prevedono questo tipo di accertamenti periodici ma possono dar luogo a situazioni non desiderabili: un poliziotto o anche un vigile urbano può tenere celato il suo alcoolismo? Il magistrato che soffra di un forte esaurimento nervoso che ne limita la capacità di lavoro, può essere obbligato a chiedere l’aspettativa per motivi di salute?E di esempi potremmo farne ancora di più. D’altra parte, se il dipendente vuole un congedo per malattia deve esibire la relativa documentazione, per godere del suo diritto a curarsi, ma allora non si può pensare che esista un rapporto di sinallagmaticità per cui anche l’azienda ha diritto a sapere se egli è in grado di effettuare le prestazioni che gli sono richieste? La legge traccia linee guida non precisissime in materia. Ma, sin qui, poco male: l’obbligo potrebbe riguardare il rapporto fra cittadino e azienda o ente e restare rigidamente coperto verso terzi (come già accade per i congedi per ragioni di salute). Ma ci sono situazioni ancora più delicate. Ad esempio, nessuna legge obbliga magistrati, parlamentari, governanti a sottoporsi a visite fiscali periodiche eppure siamo sicuri che non ce ne sarebbe bisogno? Un magistrato avanti con gli anni, affetto da avanzata arteriosclerosi può restare al suo posto. E un deputato o un governatore di Regione tossicodipendente? Un ministro che abbia una malattia semi invalidante può mantenere l’incarico anche a detrimento dell’interesse dello Stato? Immaginiamo che una delle quattro cariche principali dello Stato (Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, Presidenti di Camera e Senato) soffra di una grave malattia nervosa o magari di una affezione oncologica tale da limitarne la capacità d’azione, che si fa?Ovviamente, occorrerebbe evitare speculazioni politiche che, peraltro, sarebbero moralmente turpi in una situazione del genere, ma tacerlo non sarebbe peggio? Questo potrebbe dar luogo ad un gossip ancora più devastante per le istituzioni.Il caso Marrazzo ci ha ricordato che c’è un vuoto legislativo da colmare e nulla ci garantisce che una situazione del genere non possa ripresentarsi in tempi imprevedibilmente lunghi o brevi. Forse è il caso di discuterne molto rapidamente.
Aldo Giannuli, 4 novembre '09

mercoledì 4 novembre 2009

Il commento di Roberto Duiz

Lo strapotere Inter alla prova Champions

E adesso chi la piglia? Dalla contesa per il ruolo di squadra anti-Inter Juventus e Sampdoria escono sconfitte alla pari. I nerazzurri, con due vittorie in una settimana, scavano una fossa di 7 punti tra sé e i suoi segugi, lasciandoli con la lingua penzoloni. Adesso, bianconeri e blucerchiati hanno le stesse possibilità matematiche di raggiungere la lepre che ha la Roma di raggiungere loro. Sette punti di vuoto tra la prima e le seconde. Altri sette, molto affollati, tra le seconde e la quattordicesima. Un distacco record, quello in testa, a questo punto della stagione. Certo, come si usa dire per lenire lo scoramento «la strada per lo scudetto è ancora lunga». Ma su questa sorta di Camino de Santiago de Compostela che è il campionato a venti squadre l'Inter procede in motorino e le più fortunate delle altre in bicicletta. Superata la salita-Samp con ritmo indiavolato a metà settimana, la Juve sembrava decollata. Buffon, che invocava la scintilla che ne riaccendesse il fuoco agonistico ultimamente assopito, era rimasto impressionato dall'annichilente (per gli avversari) exploit dei suoi compagni al punto di parlare di «esplosione nucleare». A posteriori, una più moderata scintilla che accendesse un focherello duraturo sarebbe stata meglio di un botto fragoroso rivelatosi effimero.Solo tre giorni dopo, infatti, nel secondo tempo contro il Napoli la Juve è «scoppiata» (che è sempre una cosa rumorosa, ma diversa da un'esplosione di salute), facendosi rimontare due gol e subendone un terzo, valido per la sconfitta. Ferrara ha definito la débacle «un pugno in faccia». E questo ha giustificato l'espressione groggy che ha mostrato alle telecamere nel dopopartita. Ma c'è qualcosa che non va in questa Juve creata per vincere senza badare troppo a spese. I 50 milioni investiti in estate per il duo brasiliano Felipe Melo-Diego tardano a fruttare interessi. Fa pensare, in particolare, che il meccanismo, all'inizio promettente, si è inceppato dopo l'infortunio di Marchisio, che non è costato nulla. Poi, più che godere della fantasia di Diego si invoca quella di Del Piero, ancora in lenta ripresa dai sui acciacchi. E più che compiacersi della muscolarità di Melo, pagato 25 milioni alla Fiorentina, si rimpiangono le geometrie di Zanetti, ceduto agli stessi viola per 2. Comunque non c'è tempo per rimuginamenti. L'infermeria è affollata (e anche questo non può essere imputato solo alla sfiga) e gli impegni incalzano. Domani è già di nuovo Champions League e i bianconeri vanno a far visita al Maccabi Haifa, battuto a Torino con affanno e grazie alle prodezze di Buffon. Jean Claude Blanc, capo supremo bianconero, aggira con cura le «r» che esaltano la sua francesità ma pronuncia parole inequivocabili alla truppa confusa: «Sono finiti i jolly», proclama. Il che vuol dire che da qui in poi ogni scivolone verrà esaminato senza troppa accondiscendenza, a partire dal rampollo di famiglia Ferrara, sollecitato a riprendersi in fretta dal ko infertogli dall'allegro Napoli di Mazzarri.Sul fronte doriano, non bastasse la batosta con la Juve e il successivo pareggio in casa col Bari, ci mette del suo Cassano per stemperare l'allegria che ne aveva accompagnato l'andatura fino ad ora. Ha sentito fischi provenienti dal suo pubblico, FantaAntonio. Ed è un suono, quello, che non gli piace. Dunque torna sanguigno come piace a Fascetti, suo primo allenatore in serie A quand'era ancora un bebé e che a vederlo così composto come si è manifestato negli ultimi tempi sembrava quasi «sedato». Ma sono bastati un po' di fischi e qualche mugugno a risvegliare il «ragazzaccio» che c'è il lui. E così ha minacciato di fare le valigie e andarsene via, come ha già fatto da Roma e da Madrid nel suo passato da pazzerellone. Ha invitato il pubblico doriano ad accontentarsi del secondo posto, che è già grasso che cola, negandogli ogni diritto di dissenso. «Qui sono abituati troppo bene», ha ringhiato. Dimenticando che ad abituarli bene è stato innanzitutto lui con le sue fantasmagoriche giocate, che sono delizia per tutti quando le spara, croce per lui quando gli rimangono in canna. Condizione condivisa da tutti (anche se pochi) quelli da cui ci aspetta sempre quel qualcosa in più che fa la differenza. Uno scatto d'intemperanza cassaniana che rincuora non solo Fascetti, che può finalmente riconoscere il «suo» inquieto ragazzo di strada di Bari Vecchia, ma pure Lippi, che diffidando della sua inedita compostezza resiste ad ogni sollecitazione ad affidargli le chiavi dell'attacco azzurro.Vari, comunque destabilizzanti per tutti i contraccolpi dello strapotere dell'Inter. Almeno in Italia. Perché nell'Europa di Champions deve ancora vincere una partita. Ed è ora che ci riesca se non vuole rimanerne fuori prima ancora che il gioco si faccia duro davvero. A cominciare da Kiev, domani, dove Mourinho non potrà contare su qualcuno dei suoi «insostitubili». Però la rosa che ha a disposizione non gli consente alibi, anche ammesso che ci si voglia appendere, cosa improbabile perché lo ridimensionerebbe ad una taglia Normale troppo striminzita per uno Special One. Ma la partita Champions con più appeal è quella del Milan col Real Madrid, già battuto al Bernabeu. E' il ritorno a San Siro di Kakà, il grande rimpianto. Occasione più che mai propizia (specie per Ronaldinho) per una performance da «Milan di Coppe», euforizzante e scaccia-nostalgie al contempo. B

lunedì 2 novembre 2009

Intimidazione fascista contro Radio Popolare

Il Teatro della Cooperativa esprime la propria solidarietà a Radio Popolare, vittima di una gravissima intimidazione fascista la mattina del 1 novembre

www.radiopopolare.it

Festival Gender Bender a Bologna!

Dal 3 al 7 novembre a Bologna il Festival Gender Bender!
Tutte le info su www.genderbender.it

Il caso Stefano Cucchi

Addio ad Alda Merini

Renato Sarti e il Teatro della Cooperativa si uniscono al cordoglio per la scomparsa della poetessa Alda Merini.