giovedì 4 settembre 2008

I me ciamava per nome

I ME CIAMAVA PER NOME: 44.787 - Risiera di San Sabba

produzione Teatro della Cooperativa e Teatro Cultura Produzioni
ALTO PATRONATO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Patrocinio dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia
PREMIO DI PRODUZIONE RICCIONE PER IL TEATRO

I ME CIAMAVA PER NOME: 44.787 - RISIERA DI SAN SABBA

testo e regia Renato Sarti
da testimonianze di ex deportati raccolte da Marco Coslovich e Silva Bon
con Enrico Bertorelli,Tanja Pecar, Nicoletta Ramorino, Renato Sarti
Pochi sanno cosa sia stata, in tutto il suo orrore, la Risiera di San Sabba a Trieste, unico lager nazista in Italia munito di forno crematorio (da 3.000 a 5.000 le vittime). Un colpevole oblio ha soffocato fin dall’immediato dopoguerra le voci, a volte ha inquinato le prove, di quanto accadde poco più di mezzo secolo fa. Quando gli storici triestini Marco Coslovich e Silva Bon dell’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli-Venezia Giulia mi hanno messo a disposizione le testimonianze dei sopravvissuti e le deposizioni dei carnefici (criminali nazisti responsabili fra l’altro dell’Aktion Reinhard, l’eliminazione di circa due milioni di ebrei in Polonia), mi sono immediatamente reso conto di avere fra le mani un patrimonio storico, sociale, politico e umano straordinario. Un patrimonio che, a differenza di quanto successo in precedenza, non andava dilapidato bensì valorizzato. Una visione “dal basso” e “dal di dentro” di quei terribili avvenimenti espressa con un linguaggio del tutto particolare. “Credo che ogni persona dovrebbe sapere e non dimenticare” afferma uno dei sopravvissuti. Questa frase l’abbiamo fatta nostra nella speranza che, in nome dei valori che ispirarono la Resistenza e la Lotta di Liberazione, la memoria storica di quel passato possa fare da argine, oggi, contro nuovi e pericolosissimi fenomeni nazionalistici, razzisti, xenofobi e di pulizia etnica”.
Renato Sarti

“Una delle cose più turpi, più tragiche dell’Europa, ma in particolare di questo paese, è il fatto della dimenticanza, di non avere una testimonianza viva, di non tenere vivo il ricordo di alcune cose che sono invece fondamentali. Le nuove generazioni nascono nell’oblio. Io quando posso, in qualsiasi circostanza, ricordo e dico: Guardate che il presente e il futuro nascono anche dalla memoria del passato, per criticarlo magari, ma per conoscerlo.”
Giorgio Strehler

Adesioni e sostegni SIMON WIESENTHAL DOCUMENTATIONZENTRUM di VIENNA Comunità Ebraica di Milano e Trieste - ANED (Associazione Nazionale Ex-Deportati) - IRSML (Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli-Venezia Giulia) - ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) - Civico Museo Risiera di San Sabba - LANDIS (Laboratorio Nazionale per la Didattica della Storia) - Teatridithalia - Teatro stabile Friuli-Venezia Giulia – Teatro Stabile la Contrada di Trieste - Teatro Miela/Bonawentura di Trieste - Smemoranda


I ME CIAMAVA PER NOME: 44.787 - Risiera di San Sabba
RASSEGNA STAMPA ESSENZIALE

Adolf Hitler ed il nazionalsocialismo, più di un cinquantennio fa, hanno perso la guerra decisiva. Diversamente un “Nuovo Ordine Europeo”, così lo chiamavano i nazisti, avrebbe regnato: un popolo di signori, gli ariani tedeschi, avrebbe dominato il continente intero; altri sarebbero stati ridotti in schiavitù, aizzati gli uni contro gli altri, assassinati; sfruttati fino alla morte ai lavori forzati; altri ancora, gli ebrei, sarebbero definitivamente scomparsi dalla faccia della terra. Il lager, la città del dolore, non era che una prefigurazione precisa e dettagliata di questo ordine nefando. Una esperienza estrema e determinante. Una lezione rara; un insegnamento che si deve tenere bene in mente di fronte agli odi etnici e nazionali che insanguinano, oggi, l’Europa e il mondo intero. Man mano che passano gli anni i testimoni oculari di questa esperienza vengono meno. Stringente si fa allora il problema di conservare la loro memoria e anche di saperla interpretare, di far rivivere le parole mute scritte sulla carta. Il teatro può aiutarci a raccontare ancora una volta, anche quando saremo soli. E’ questa forse – accanto ad altre naturalmente – la funzione civile e morale più alta che il teatro possa esprimere: aiutare a non dimenticare.
(Marco Coslovich, Istituto per la storia del Movimento di Liberazione nel Friuli-Venezia Giulia)

“… non si può e soprattutto non si deve fare spettacolo; e giustamente Renato Sarti si limita a “comunicare” nel più semplice e disadorno dei modi, i dati statistici, i documenti, i racconti dei superstiti, insomma quel poco o quel tantissimo che gli storici sono riusciti a ricostruire e raccogliere. Nessuna drammatizzazione, nessun tentativo di creare situazioni o atmosfere; in scena non ci sono che un tavolo, alcune sedie, uno schermo per diapositive; ma niente è vicino alla funzione e all’essenza insopprimibilmente umane e testimoniali del teatro più di quelle parole senza alone, di quei numeri, di quei nomi”.
(Giovanni Raboni, Il Corriere della Sera)

“… il rumore dei passi degli uomini portati alla morte; i carri bestiame in cui le vittime erano portate ai lager, senza acqua e senza cibo; i bambini esposti al gelo di Buchenwald; il parto di una prigioniera e l’agonia del neonato cui si negava ogni cibo… sono storie insostenibili. Storie che bisogna ricordare e ripercorrere, perché non si ripetano. Alla fine, non vi è giudizio estetico possibile, ma solo disperazione e gratitudine per chi ci ha guidati nel compito della memoria”.
(Ugo Volli, La Repubblica)

“E’ una serata dura, scomoda. L’ultima immagine di questa dolorosa ed efficace lezione di storia, un lager di Bosnia, è molto vicina: poche decine di chilometri dagli orrori di San Sabba.
(Oliviero Ponte di Pino, Il Manifesto)

“E’ uno straordinario storico, che propone le testimonianze orali di chi è sopravvissuto insieme alla ricostruzione di un’irripetibile frammento di storia”.
(Paolo Repetto, Liberazione)

“Un messaggio, una lezione da non perdere”. (Domenico Rigotti, Avvenire)

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