giovedì 4 settembre 2008

RITTER, DENE, VOSS

RITTER, DENE, VOSS



di Thomas Bernhard

traduzione Eugenio Bernardi

regia Renato Sarti

con Paolo Bessegato, Giorgio Ganzerli, Antonio Rosti

scene e costumi Carlo Sala

produzione Teatro della Cooperativa


Ritter, Dene, Voss. Potrebbe essere l’inizio di una filastrocca infantile. O una di quelle formule iniziatiche ormai scomparse, ultimo residuo di antichi riti magici che l’uso secolare ha ridotto a puro suono.Ritter, Dene, Voss sono i nomi di tre attori tedeschi, Ilse Ritter, Kirsten Dene e Gert Voss, primi interpreti dell’opera di Thomas Bernhard al Festival di Salisburgo nell’estate del 1986, per la regia di Claus Peymann. Nella pièce il solo Voss ha anche un nome di scena, Ludwig; mentre Ritter e Dene sono semplicemente la sorella minore e quella maggiore.E’ Dene ad iniziare, con frasi brevi, sintesi di concetti non correlati tra loro. Ritter, dalla sedia, con il giornale aperto e la sigaretta in una mano, la guarda e la ascolta con malcelato fastidio e disprezzo per la minuziosità con cui accomoda il grande tavolo da pranzo. Immerse nei ritratti di famiglia che adornano le pareti della sala, memoria di antichi e gloriosi fasti, le due sorelle, attrici, attendono l’arrivo del fratello Ludwig (Wittgenstein?) - filosofo paranoico e geniale di ritorno dal manicomio in cui si è rinchiuso volontariamente a pagamento - per consumare quella che si trasforma ben presto in una cena delle beffe.Ne nasce un ménage à trois ricco di doppi sensi e seduzioni tormentate, che svelano i rapporti incestuosi che legano i tre protagonisti: si celebra lo sfacelo di una famiglia, cui fa da sfondo quello dell’Austria post-Anschluss e pre-Haider.Renato Sarti, senza perdere di vista gli alti riferimenti filosofici e culturali del testo e senza perdere nulla del profondo dramma umano che lo permea, ne mette in evidenza gli aspetti comico-grotteschi, laddove la geniale scrittura di Bernhard trasforma il più profondo tormento in risata.Certo, sono considerato un cosiddetto scrittore serio, come Bèla Bartòk è considerato un compositore serio, e la fama si sta diffondendo (…) In fondo non è per niente una bella fama. Mi mette assolutamente a disagio.

Thomas Bernhard



RITTER, DENE, VOSS


RASSEGNA STAMPA ESSENZIALE
Rivoltando il testo come un guanto, Sarti sa convincerci che Bernhard non è l’autore strabiliare che conosciamo, che il suo teatro di personaggi ibernati nella follia poggia su fondamenta comico-grottesche. (…) Si pensa a Durrenmatt, Frisch, Genet. La feroce parodia esplode in risate liberatorie, anche per la bravura dei tre attori in gara di emulazione caricaturale.

(Ugo Ronfani, Il Giorno, 9 marzo 2006)



Finalmente un Bernhard libero dai gravami della germanistica dotta e barbosa! (…) Bravissimo Sarti e bravissimi gli attori che ogni sera invertono i ruoli, creando spettacoli sempre diversi.Si divertono e si vede.(Luca Doninelli, Avvenire 12 marzo 2006)



(…) Renato Sarti incastona in scena una tragedia immobile e cui dà i colori e gli umori della parodia. Per questo suona ancora più tragica. E si ride. Le tragedie che si ripetono alla fine liberano un rigurgito di comicità. Fanno ridere, sghignazzare, ghignare, se interpretate con il giusto carisma. Come è nel caso di Ritter Bessegato, Dene Rosti e Voss Ganzerli, i quali di sera in sera si scambiano le parti. Così che il gioco delle parti dà vita ogni sera a tre spettacoli diversi, tre traduzioni sceniche, tre tradimenti, tre diversi esercizi di stile che finiscono sempre là dove non c’è fine: in tre tazzine, in tre sorsi di caffè. Gustateli con piacere.

(Gian Luca Favetto, Diario – 24 marzo 2006)



Sarti parte dall’idea di trasformare il sottile disagio familiare che impronta questa perfida pièce(…) in grottesca caricatura del degrado di una società ridotta a cupo teatro di burattini.(…) L’operazione ha il merito di porre la questione senza compromessi e mezzi termini.(Renato Palazzi, il Sole24Ore, 12 marzo 2006)(…) ci cattura in questo spettacolo di Sarti, scandito dalle immagini ossessive alle pareti di parenti lontani e recenti che raccontano una storia di borghese benessere, l’inaspettata, feroce leggerezza del tragico, così presente – si direbbe - in ogni battuta eppure così sfumato.A questo risultato spiazzante che diverte il pubblico, contribuiscono, a pari merito, il ritmo che Sarti è riuscito a infondere allo spettacolo oltre che l’azzeccata chiave di lettura e l’impegno e la bravura dei tre attori (…).Ne scaturisce un’intrigante partitura vocale e gestuale, emotiva e psicologica, ironica e comica mai scontata che si impone ben al di là della risata corriva e facile con tutta la crudeltà della vita.

(Maria Grazia Gregori, L’Unità – 26 marzo 2006)

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