venerdì 3 ottobre 2008

Nome di battaglia "Lia"



Una produzione Teatro della Cooperativa

NOME DI BATTAGLIA “LIA”

testo e regia
Renato Sarti
con
Marta Marangoni, Rossana Mola, Renato Sarti

musiche originali Carlo Boccadoro
video BUZZ 2001
con il patrocinio di

Associazione Nazionale Partigiani Italiani
Associazione Nazionale Ex Deportati
Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione Italiano
Federazione Italiana Associazioni Partigiane
Laboratorio Nazionale per la Didattica della Storia


Forse a volte ci si dimentica delle storie apparentemente periferiche. Ci si dimentica che al di là dei momenti alti e celebrativi, esiste un mondo fatto di episodi che fanno parte di una quotidianità ai più sconosciuta ma dal valore estremamente significativo. All’interno della grande pagina della Resistenza, il quartiere di Niguarda a Milano e le donne dei suoi cortili, ebbero un ruolo particolare. Niguarda si liberò il 24 aprile 1945, con un giorno di anticipo su Milano. E fu proprio in quel giorno che si consumò uno degli episodi più tragici della Liberazione della città: colpita al ventre da una raffica di mitra di nazisti sulla via della fuga, moriva - incinta di otto mesi - Gina Galeotti Bianchi, nome di battaglia Lia, una delle figure più importanti del Gruppo di Difesa della Donna. Quest’ultimo vantava a Milano ben 40.000 aderenti, oltre 3.000 attiviste, assisteva i militari abbandonati da un esercito allo sbando, era parte integrante dei Gruppi Volontari della Libertà e del comitato cittadino del C.L.N., forniva staffette in operazioni delicate, stampava Noi Donne, giornale precursore dei temi dell’emancipazione, partecipava anche agli attentati. Inoltre, sulle spalle delle donne ricadeva gran parte del peso della realtà quotidiana, fatta di bambini e anziani da accudire nel freddo, nella fame e nelle malattie.Un ritratto tragico e insieme vivace della Niguarda resistente, dedicato alle donne e al loro coraggio.Un testo basato su testimonianze dirette del nostro recente passato, che,attraverso la riscrittura drammaturgica, si fa tragedia, dolore antico, arcaico.




Emblematiche le ultime parole di Lia prima di morire: “Quando nascerà il bambino non ci sarà più il fascismo”.


Renato Sarti




NOME DI BATTAGLIA LIA
RASSEGNA STAMPA ESSENZIALE



(…) Renato Sarti è in qualche maniera un erede diretto delle teorie teatrali di Pasolini, perché scrive i suoi testi basandosi sulla parola (…) uno spettacolo di grande emozione (…) perché fa capire come si possa far teatro in maniera civile e come sia importante fare teatro in maniera civile. Tutto quanto il plauso a Renato Sarti e alle due attrici che sono in scena con lui, Rossana Mola e Marta Marangoni.
(Sandro Avanzo, Radio Popolare, 17 maggio 2003)

(…) Renato Sarti ricostruisce una storia che, in quanto vicenda “minore” della Resistenza, correva il rischio di essere dimenticata. (…) Marta Marangoni e Rossana Mola, sul palco con Sarti, sono brave e generose nel suggerire i differenti caratteri delle donne a cui danno voce, così convincenti da far dire a Nori Brambilla Pesce, una delle più intrepide gappiste milanesi: “E’ stato proprio così, eravamo giovani, ci sentivamo belle, allegre. E’ giusto che venga fuori anche questa nostra normalità. Non eravamo incoscienti, sapevamo di correre dei rischi. Ma volevamo un’Italia diversa, libera, e non c’era altra scelta oltre a quella di resistere e combattere”.
(Roberta Migliavacca, Diario, 27 Febbraio 2004)

(…) Uno spettacolo importante che racconta una triste e bellissima storia di libertà, (…) che con perizia drammaturgica Renato Sarti fa emergere da testimonianze di vecchie compagne, da libri sulla Resistenza (…) lontana da retoriche di facili eroismi racconta la dignità di un’idea di libertà e, in tempi in cui si tende a ridurre la Resistenza a feroce guerra civile e il regime fascista a blanda dittatura, riscoprire figure come quella di Lia e la storia di un quartiere come Niguarda, fa bene all’anima, al senso critico, alla memoria.
(Magda Poli, Corriere della sera, 13 febbraio 2004)

(…) Sarti dimostra una notevole abilità nella costruzione drammaturgica ritraendo con pochi precisi tocchi un’epoca e raccontandoci non solo l’eroismo di chi si impegnò nella lotta per la liberazione ma anche i momenti più quotidiani, le piccole cose che rendevano più lieve la vita (…)
(Valeria Ravera, Tuttoteatro, 23 maggio 2003)

(…) E’ uno spettacolo che dovrebbero vedere tutti, che dovrebbe essere portato nelle scuole e nelle fabbriche. Perché il suo messaggio è il più importante di tutti per un paese democratico: l’orgoglio della libertà, l’onore di sacrificarsi per la libertà.
(Ugo Volli, La Repubblica, 10 Febbraio 2004)

Gli eroismi anonimi delle donne che agivano contro la fame e le malattie dei bambini e degli anziani, che aiutavano al fuga dei predestinati ai lager, che cucivano le bandiere e i bracciale del riscatto evocano i sogni di un’umanità disperata e – senza sforzo – si traducono nella lingua popolare, con i fili d’oro del dialetto, della recitazione fervida, pulsante di Marangoni, di Mola e di Sarti.
(Ugo Ronfani – Il Giorno, 24 marzo 2005)

Per questo, per questo suo mostare la lotta di liberazione come momento di grande mobilitazione e condivisa partecipazione, oltre che per la teatralità con cui essa rivive sul palcoscenico, grazie anche alla bella e coinvolgente prova delle due interpreti Marta Marangoni e Rossana Mola e dello stesso autore e regista, Nome di battaglia Lia è uno spettacolo importante, di senso e di necessità.
(Mario Brandolin – Il Messaggero Veneto, 12 maggio 2005)

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